Che la formazione mi piaccia molto si è capito: mi piace la possibilità, la sperimentazione, la scoperta fatta insieme e che poi genera trasformazione concreta nella vita di tutti i giorni. 

Ci credo perché la vedo accadere ogni giorno nelle organizzazioni e nelle persone con cui lavoro: cambiare si può, se si vuole e se si sa come fare. Ormai ci sono tanti studi sulla nostra plasticità cerebrale e sulle tecniche che ci possono essere di supporto in questo processo, nell’ultimo decennio abbiamo accumulato tutti delle esperienze concrete a riguardo: gli esseri umani posso cambiare, adattandosi alla realtà o trasformando la realtà esterna quando non funziona più. 

Lo possiamo fare tutti, sempre. Senza pensare che sia magia ma lavorandoci giorno per giorno, un po’ per volta, passo passo.

Poi ci sono delle fasi della vita in cui viene più facile, per esempio quella fase dei giovani quando iniziano ad avvicinarsi ai loro sogni. Li ho bene in mente perché ieri sono stata con alcuni di loro per tutto il pomeriggio e mi hanno fatto tornare in mente uno dei mie libri preferiti: 

“Soltanto i giovani hanno momenti del genere. Non dico i più giovani. No. Quando si è molto giovani, a dirla esatta, non vi sono momenti. È privilegio della prima giovinezza vivere d’anticipo sul tempo a venire, in quella bella continuità di speranze che non conosce né pause né attimi di riflessione.

Ci si chiude alle spalle il cancelletto della fanciullezza e si entra in un giardino incantato, dove anche le ombre splendono di promesse e ogni svolta del sentiero ha una sua seduzione. Non perché sia una terra inesplorata. Si sa bene che tutta l’umanità è passata per quella stessa strada. È il fascino dell’esperienza universale da cui ci si aspetta una sensazione non ordinaria o personale: qualcosa che sia solo nostro.

Riconoscendo le orme di chi ci ha preceduto, si va avanti eccitati e divertiti accogliendo insieme la buona e la cattiva sorte – le rose e le spine come si suole dire – il variegato destino comune che ha in serbo tante possibilità per chi le merita o forse per chi ha fortuna. Già. Si va avanti. E il tempo anche lui va avanti; finché dinnanzi si scorge una linea d’ombra che ci avvisa che anche la regione della prima giovinezza deve essere lasciata indietro.”*

I giovani.

Che belli che sono quando lavorano e se la giocano sul serio.

Che bella l’energia che mettono in circolo, la serietà, la determinazione, l’impegno.

Che belli i desideri, i progetti, i sogni che intravedi sotto le azioni quotidiane.

Che belle le visioni e le idee che portano nei sistemi di cui fanno parte.

E quanto abbiamo bisogno di questa bellezza! 

Ho visto ragazzi presenti e lucidi, che hanno fatto domande chiare, dirette e intense…sperando di avere risposte definitive, e invece noi adulti oggi (ma davvero solo oggi?) abbiamo solo un vantaggio anagrafico e di conoscenza del nostro ambito, ma certo non la ricetta definitiva valida sempre e per tutti. Perché la risposta su quello che funziona oggi possiamo trovarla solo mettendo insieme tutto quello che c’è e non lo possiamo fare da soli: non i giovani, non i vecchi, non le donne, non gli uomini, non gli psicologi, non gli economisti, non gli scienziati, non i dilettanti…serve contaminarsi con le diversità per generare qualcosa di davvero nuovo.

*ovviamente è l’incipit de La linea d’ombra di Joseph Conrad.Segnala