E’ estate, fa caldo e -come spesso accade in questa stagione- scopriamo, usiamo, esibiamo, osserviamo e parliamo di più dell’aspetto del nostro corpo. Di solito siamo ben più coperti, magari ci muoviamo meno, di certo abbiamo meno tempo  da dedicarci. Insomma, il solito mix dell’estate italiana ma con in più il venire da una primavera “in cattività”, a causa dell’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto. 

Ve lo ricordate di cosa parlavamo in quel periodo? Io si: malattia, dolore, morte, sofferenza, crisi, stress, fatica, immobilità forzata, distanza, limiti, resilienza, guarigione, cura, cibo. 

Grande protagonista innominato di questo periodo così strano per tutti noi, il nostro e l’altrui corpo.

Qualcuno si è mosso di più, qualcuno di meno, qualcuno ha fatto le cose in modo diverso, qualcuno si è ammalato, qualcuno è guarito, qualcuno si è scoperto forte, qualcuno si è scoperto fragile, qualcuno ha mangiato troppo, qualcuno ha mangiato bene, qualcuno è sceso a camminare, qualcuno è rimasto sul divano. Tutti siamo cambiati, e non tanto per diventare la nostra versione migliore ma  -attualmente- solo come effetto del contesto che si è modificato all’improvviso. 

E poi è cambiata la stagione  e abbiamo cercato di ritornare ai nostri rituali estivi: prepararsi alla prova costume, essere in forma, mettersi a dieta, ottenere prestazioni sportive soddisfacenti, sentirsi belli. 

Tutto come prima, come se nulla fosse successo.

La sento solo io la nota stonata?

In queste settimane di vacanza ho chiacchierato con un po’ di persone e raccolto episodi su questo tema che si sono disposti come su una ragnatela, impossibile per me non vederne la disposizione.

Amici che quest’anno non si metteranno il costume o passeranno a modelli più coprenti perché non si sentono in forma e vogliono nascondere la pancetta acquisita in primavera;

Familiari (ma anche quasi sconosciuti) che si permettono giudizi diretti sul corpo altrui che reputano essere diventato troppo: grasso,  magro, muscoloso, esile, pallido, abbronzato…in un crescendo di giudizi soggettivi e personali.

Bambini quasi ragazzini cresciuti da tanti punti di vista nei mesi primaverili e che si percepiscono solo come ingrassati.

Ci avete fatto caso?

Dove ci porta il nostro corpo?

La situazione più inopportuna però, è capitata un amico che –dopo un pranzo di lavoro con un professionista mai incontrato prima-  si sente apostrofare con un “certo che a te ha fatto bene la quarantena!” con una pacca ben assestata alla sua pancia. Credo di essere arrossita quando me l’ha raccontata, per la vergogna di un commento simile!

No, non ci siamo proprio. 

La prima nota stonata  è proprio la maleducazione di questa comunicazione: da noi è purtroppo socialmente accettato giudicare o sentirsi giudicare per il proprio aspetto fisico (ahimè pare sia lecito soprattutto se i giudizi sono rivolti alle donne) ma in altre culture è considerato semplicemente maleducato e inopportuno. Tra l’altro proprio nel mondo anglosassone dove invece la misurazione e la valutazione sono all’ordine del giorno. Quindi – in estrema sintesi- da noi si può giudicare una persona per la sua taglia ma non dirle che è brava a fare qualcosa prima che si monti la testa, in altre culture è maleducato parlare delle caratteristiche corporee ma è normale misurare le azioni, il comportamento o il funzionamento con indicatori oggettivi. 

Voi cosa preferite?

Cosa vi sembra che funzioni meglio per voi?  

La seconda stonatura sta nell’aver trasformato il giudizio negativo in motivazione al cambiamento: no ragazzi, mi sento di svelarvi qualche risultato degli ultimi 30 anni di ricerche sulla motivazione. So che vi stupirà ma svalutare le persone (in qualsiasi loro ambito) non genera voglia di migliorare ma diminuzione dell’autostima, aumento della rabbia, sensazione di non essere compresi, senso di isolamento, diminuzione dell’energia vitale. Tutte cose che non sono proprio indirizzate a farci stare meglio.

Si, certo, lo so che una volta si picchiavano i cani per insegnare loro la disciplina ma lo sapete che è cambiato anche l’addestramento animale? Pare che dare feedback positivi a comportamenti adeguati abbia effetti migliori, più efficaci, più duraturi. Bon, facciamocene qualcosa, usiamolo e non lasciamo queste conoscenze a disposizione solo dei nostri amici animali.

La terza stonatura è l’ossessione per la perfezione del corpo della nostra cultura. Tutte le ossessioni hanno la caratteristica di essere molto evidenti ma di fatto nascondono la cosa più importante, detto diversamente l’ossessione non è mai davvero quello che sembra a prima vista. La prima cosa che mi viene in mente è: con tutte le problematiche sanitarie, politiche, educative, scolastiche, professionali che abbiamo in atto davvero la priorità è l’immagine del corpo perfetto? Si, lo so che controllare il corpo è più facile che stare nella modernità liquida ma se siamo qui ora è perché forse dobbiamo imparare a stare con questo presente per costruirci un nuovo futuro. Non credo che il nocciolo della questione è la perfezione fisica che si è modificata negli ultimi 50 anni e presumibilmente farà lo stesso nei prossimi 50. Forse stiamo nutrendo e dando la nostra energia a qualcosa che oggi non è prioritario.

Godersi il viaggio…

Tornando invece al corpo non ho risposte ma come sempre delle domande.

E la gratitudine per questo nostro corpo funzionante che fine ha fatto? 

E la compassione per le sue umanissime caratteristiche, soprattutto in un periodo di difficoltà? 

E la delicatezza nella comunicazione, quando non sappiamo cosa è successo alla persona che abbiamo di fronte? 

Se siamo qui e siamo vivi è perché il nostro corpo ha fatto il suo mestiere, ha lavorato, ci ha sostenuto, ha fatto la sua parte…spiegatevelo come volete, basta che cominciamo a pensare al nostro corpo come un sistema 3D che funziona e non più come una bella fotografia a due dimensioni, perfetta e magari ritoccata  come ci spiegano bene gli esperti di foto.  Si dice “fatto è meglio che perfetto”, credo che si adatti bene anche al nostro rapporto con il nostro corpo. 

Perché solo quando vedo come funziona il mio corpo al suo meglio posso imparare a prendermene cura e ad amarlo davvero, non perché mi fa fare una bella figura indossando degli abiti o facendomi dei selfie…ma perché mi porta esattamente là dove voglio andare.

E tu, lo sai dove vuoi andare?