La vita che viviamo non è semplice, anzi è sempre più complessa e difficile da prevedere, genera pensieri ed emozioni difficili da gestire: paura, incertezza, agitazione. Se continuano a lungo e risuonano con le nostre profondità diventano reazioni patologiche che si manifestano sulla nostra psiche e sul nostro corpo. Nella nostra società abbiamo costruito tanta struttura per controllare queste reazioni umane, il processo è comprensibile e anche efficace: lo studio, la preparazione, le regole sono state create per portarci là dove vogliamo andare, meglio se rapidamente e con un basso livello di spesa energetica. 

Eppure se stiamo troppo in tutto questo ordine costruito rischiamo di passare dall’agitazione e dalla paura a un’altra situazione altrettanto negativa: noia, sedazione, astenia, chiusura all’esterno, spegnimento. Decisamente non siamo fatti nemmeno per queste sensazioni e se continuano a lungo diventano diagnosi di sofferenza psicofisica importanti. 

E quindi?

E quindi  possiamo mollare la struttura e scoprire un metodo nuovo, disciplinando la nostra abitudine alla ricerca di struttura e di previsione. 

E quindi ci serve allenare e coltivare la nostra armonia, alla ricerca di un equilibrio di stati che sembrano opposti e che invece sono posizioni mobili, che tra loro devono comunicare per generare un confronto fertile. 

E quindi se nella settimana sento di aver seguito troppo la struttura devo prendermi il tempo…di perdere la struttura, di cambiare la mia prospettiva e le mie azioni, di raccogliere stimoli nuovi e sperimentare lo stupore e la meraviglia.

E quindi posso ritornare presente in me stesso e osservare il mondo là fuori senza la necessità di strutturare ogni elemento, lasciando lo spazio alla serendipità e scoprendo qualcosa di inatteso.

A volte si comincia da cose specifiche, io ieri l’ho fatto entrando nelle favole alla mostra dedicata alla Disney. Poi ho proseguito a ritmo lento e senza meta, leggendo il libro nuovo di Chandra Candiani sulla pratica della meraviglia, passeggiando per Milano, capitando alla Triennale mentre era in corso il Festival delle Serie e incantandomi guardando gli alberi mentre ascoltavo le riflessioni sul cambiamento delle forme di narrazioni. E si, mi sono portata a casa molta meraviglia, il nutrimento migliore in tempi complessi.

“…mi sono accorta di come chi sa o crede di sapere molto sperimenta solo esperienze di seconda o di centesima mano, non è mai in intimità con niente, non trema davanti al non conosciuto e non si inoltra. Perchè il sapere dell’esperienza non si può accumulare, l’esperienza inganna come tutto il resto, se credi di poterla ripetere quando ti addentri nei territori del non conosciuto” C. Candiani – Questo immenso non sapere